Professionista dello sviluppo del potenziale umano

Copyright. Articolo estratto dal libro “Il Potenziale Umano. Metodi e Tecniche di Coaching e Training per lo Sviluppo delle Performance” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

L’essere umano ha una propria economia energetica globale, un insieme
di equilibri delicati dal quale emerge il suo grado di “potenza” complessiva,
la capacità di affrontare casi, azioni, sfide, problemi piccoli, grandi, semplici
o complessi, dominandoli, o – in caso contrario – essendone schiacciati.
L’alchimia delle intere energie personali è decisamente complessa.
Anche i distretti locali del sistema umano hanno una propria economia
locale. Possiamo esaminare non solo il tutto, ma anche specifiche parti.
L’economia energetica riguarda sia i macro-distretti (es.: fisico e
mentale) sino, scendendo di scala, a toccare micro-economie molto
specifiche.
Esistono economie locali nei distretti fisici, come una spalla, un
ginocchio, lo stomaco, e ogni altro organo.
Lo stesso per le economie legate alle competenze mentali, come la
concentrazione o la lucidità decisionale. La mente ha proprie economie
generali che la portano a funzionare bene o male, così come economie in
specifiche aree cognitive, es., la creatività. Ciascun distretto (sia corporeo
che cerebrale) è inoltre un sistema aperto, e risente dei distretti con cui
interagisce. Il complesso delle energie individuali è quindi articolato e si
connette alle performance che la persona può o meno generare.
Ogni organo vive di risorse esauribili, ha proprie capacità di tenuta e
propri punti di stress e di rottura, che non possono essere ignorati. Ad
esempio, in reumatologia si studia il concetto di “economia articolare”, cioè
l’“economia dell’articolazione” 3 . Ogni zona del corpo, come un ginocchio, ha una sua economia locale, e possiamo chiederci quanto una persona può correre
senza infiammarlo, che attività fisiche lo irrobustiscono o invece lo
danneggiano, che tipo di nutrienti servono per tenerne in buono stato la
cartilagine, e ancora come alzare un oggetto pesante senza danneggiarlo.
Chiedere alle persone di dare performance senza studiare (1) lo stato delle
economie energetiche complessive, e, (2) le economie locali più direttamente
coinvolte nella specifica prestazione, è come chiedere ad un cavallo di
correre senza controllare se ha mangiato o se ha gli zoccoli. Vuol dire
fregarsene e spremerlo per poi gettarlo, e questa non è la nostra filosofia.
Non siamo nemmeno dell’idea che sia bene massaggiare il cavallo per un
anno in attesa che abbia voglia di correre (buonismo inutile), ma non
riteniamo nemmeno utile o giusto frustarlo per spremere sino all’ultima
energia di riserva. Ciò che serve è strategia allenante attenta.
L’approccio è quello del rimuovere (1) ipocrisie e buonismo, (2)
aggressività inutili, e (3) improvvisazione.
Per lavorare tecnicamente alle performance attese, dobbiamo coltivare lo
sviluppo personale e la condizione energetica, rispettando sia la sacralità
della persona che la sacralità dell’obiettivo.
Cambiare comportamenti, studiare attentamente lo stato di un distretto
fisico e/o mentale, tenerne conto nel proprio stile di vita, permette di gestire
meglio le energie e la condizione sia del distretto che dell’intera attività
personale.
Ottimizzare l’“economia specifica” dei distretti fisici, ridurre al minimo
traumi o danni, permette di ampliare la possibilità operativa delle persone.
Specifiche ricerche dimostrano come tenendo conto delle economie locali e
ottimizzando i gesti e comportamenti sia possibile permettere di tornare a
lavorare o ad allenarsi anche per chi ha avuto traumi. Questa attenzione alle
energie ed economie, locali e complessive, va estesa ben oltre il fronte della
malattia.
Lo stesso ragionamento “per distretti” tocca anche le economie del
funzionamento mentale e cognitivo. Ad esempio, abbiamo una “economia
delle capacità decisionali”, una “economia dell’ansia”, e ancora una
“economia dell’attenzione”, o una “economia delle capacità relazionali”. Se
parliamo tanto e forzatamente per lavoro, ci accorgiamo di non avere più voglia di parlare di lavoro magari in pausa, e vorremmo evitare altre attività
relazionali obbligate. Questo ne è un esempio.
Tocchiamo con mano i livelli energetici ogni volta che una variabile
viene chiamata in azione, ad esempio, per l’economia dell’attenzione, ne
constatiamo l’esistenza ogni volta che un relatore sale sul palco o un docente
insegna, e notiamo per quanto riusciamo a rimanere attenti.
Se non abbiamo dormito da giorni o abbiamo un forte mal di denti, o mal
di testa, non avremo capacità di attenzione, la nostra economia ne sarà stata
deprivata, le nostre energie saranno svuotate o assorbite da altro.
Ed ancora, incideranno le abilità del docente, l’interesse per il tema, in un
rapporto mutevole e con equilibrio dipendente da molte variabili.
Il messaggio finale, anche in un contesto introduttivo come questo, è che
– per lavorare seriamente al potenziale umano e delle organizzazioni –
occorre la capacità di spostare il livello di analisi dal micro al macro, e
viceversa, con una forte capacità di zoom, uno stretching mentale che è esso
stesso lavoro allenante e formativo.

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