Professionista dello sviluppo del potenziale umano

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Abbiamo notato come le credenze su un determinato oggetto o prodotto si inseriscono all’interno del sistema di credenze di cui dispone il soggetto (belief system), che rappresenta «l’universo totale delle credenze di una persona riguardanti il mondo fisico, sociale, e il self».

Dobbiamo considerare che le attività di persuasione aziendale, o l’autopersuasione di un consumatore  – magari successiva alla prova di un prodotto – costituiscono atti di riorganizzazione del belief system, cioè veri e propri mutamenti nel sistema di credenze della persona, a volta anche dolorosi.

Non possiamo influenzare l’atteggiamento di un investitore estremamente cauto, conservatore economicamente e timoroso del rischio, direzionandolo verso un singolo titolo azionario, senza capire che quel titolo – qualsiasi titolo –  fa parte di un’area mentale del soggetto in cui si collocano i tipi di investimento considerati rischiosi. Se nel sistema di credenze individuale tutti i titoli azionari sono visti come intrinsecamente pericolosi, è necessario agire sull’intero belief system del soggetto. Ad esempio, iniziando a valutare dati oggettivi sulla sicurezza comparativa delle diverse forme di investimento, o altre forme di sviluppo della fiducia verso l’intero comparto. Altrimenti, rimarrà sempre un dubbio, un’obiezione latente, pronta ad emergere.

Questa modifica, se avviene, causerà una forte riorganizzazione cognitiva, il cui costo è elevato in termini di sforzo persuasivo per l’individuo, il quale dovrà iniziare a “vedere il mondo” attraverso un sistema diverso di credenze. Il cambiamento di credenze non è di per se negativo, se il sistema di credenze iniziali conteneva bias, errori di valutazione che autolimitano la crescita del soggetto.

Iniziare a percepire il mondo attraverso una luce diversa, con l’eliminazione dei filtri autoimposti o creati artificialmente dall’ambiente sociale, è del resto uno degli obiettivi della terapia cognitiva e di alcune scuole psicoterapeutiche (scuole Rogersiane[1]), le cui applicazioni alla vendita aziendale sono oggetto di studio da parte dell’autore e altri ricercatori.

La forza coesiva e la resistenza al cambiamento dei belief systems è tale che molti soggetti preferiscono rifiutare nuova informazione, pur di conservare il sistema di credenze in atto. Ad esempio, un razzista etnico sarà tentato a pensare che il ragazzo nero, il quale ha salvato una bambina da un annegamento, lo ha fatto “per ottenere una ricompensa” e non per volontà individuale. Questi meccanismi di “errore di attribuzione” che avvengono per non modificare le proprie strutture concettuali, sono stati dimostrati dalla ricerca sociale sulla comunicazione interculturale, inizialmente per comprendere i meccanismi di comprensione/incomprensione tra culture, ed in seguito per capire alcune valutazioni di prodotto nel marketing internazionale.

In questi contesti, infatti, è stato dimostrato che le aziende di paesi ad alta reputazione in un certo settore industriale (moda italiana, meccanica tedesca, elettronica giapponese, ecc.), godono in quel settore di un vantaggio competitivo di immagine del prodotto. Ciò avviene grazie al belief system stereotipico del consumatore, che attribuisce ai prodotti di quel paese, in quel settore industriale, un grado di qualità di partenza superiore.

Questo effetto, determinato country-of-origin effect, è studiato estensivamente[2]. Ricerche nel campo dimostrano che il fattore “paese di origine” viene utilizzato dal consumatore in condizioni di scarsità di tempo di elaborazione (quando, cioè, non esiste tempo sufficiente per testare realmente le prestazioni e compararle tra prodotti).

La comunicazione per l’export, quindi, deve anche preoccuparsi di rassicurare il consumatore sulla reputazione che il paese di origine ha, rispetto al settore merceologico del bene venduto[3]. Si tratta, come avremo modo di osservare, di capire i diversi livelli di vendita necessari per giungere all’obiettivo: (1) vendita del bisogno stesso, (2) vendita della categoria di prodotto, (3) vendita del marchio, (4) vendita dell’impresa, (5) vendita del venditore stesso, (6) vendita del sistema di appartenenza dell’impresa – paese o area – ed in ultimo, (7) vendita del prodotto.

Non dobbiamo né possiamo basare una strategia di marketing sulle credenze che il cliente “dovrebbe avere”, ma su quelle che effettivamente ha, per quanto sbagliate o distorte siano. Fare il contrario significherebbe ottenere risultati opposti o controproducenti, sia nella comunicazione sociale e pedagogica, che nella comunicazione di mercato.

Sono proprio le credenze del momento ciò che l’individuo pensa, gli elementi in base ai quali agisce. Il fatto che le credenze siano distorte, al di là della verità oggettiva, non cambia le cose. Quindi le credenze assumono un peso maggiore rispetto alla “verità” di fatto.


[1] Autore di riferimento: Carl Rogers, psicologo e psicoterapeuta creatore della Client-centered therapy. Vedi Rogers (1951). Per approfondimenti sulle applicazioni rogersiane al marketing e comunicazione aziendale vedi www.medialab-research.com/tecniche/rogersiane/

[2] Vedi Gurhan-Canli, Z. & Maheswaran, D. (2000). Determinants of Country-of-origin evaluations Journal of Consumer Research, 27.

[3] Per il marketing internazionale, vedi: Aulakh, Preet S., Masaaki Kotabe and Arvind Sahay (1996), “Trust and Performance in Cross-Border Marketing Relationships: A Behavioral Approach,” Journal of International Business Studies, Special Issue, p. 1005-1032. Austin, James E. (1990), Managing in Developing Countries: Strategic Analysis and Operating Techniques, New York:The Free Press. Calof, Jonathan L. and Paul W. Beamish (1994), “The Right Attitude for International Success,” Business Quarterly, Vol. 59 No. 1 (Autumn), p. 105-110. Chan, Peng S. and Anna Wong (1994), “Global Strategic Alliances and Organizational Learning,” Leadership and Organizational Development Journal, Vol. 15, No. 4, p. 31-36. Harich, Katrin R. and Douglas W. LaBahn (1998), “Enhancing International Business Relationships: A Focus on Perceptions of Salesperson Role Performance Including Cultural Sensitivity,” Journal of Business Research, Vol. 42 No. 1, p. 87-101.  Moran, Robert T. and William G. Stripp (1991), Dynamics of Successful International Business Negotiations, Houston: Gulf Publishing Company.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Attività di persuasione

Sistema di credenze

Cambiamento di credenze

Bias

Resistenza al cambiamento

Immagine del prodotto

Fattore paese di origine

Influenza sociale

Condizionamento persuasivo

Teoria del cambiamento comportamentale

Costruzione dell’identità del consumatore

Leva psicologica

Framing persuasivo

Psicologia della persuasione

Effetto del messaggio persuasivo

Autorità nel marketing

Scarsità come leva persuasiva

Consenso sociale

Teoria della dissonanza cognitiva

Fattori motivazionali nell’influenza persuasiva

Regola del reciproco

Effetto della testimonianza

Principi di persuasione di Cialdini

Bias cognitivi nel marketing persuasivo

Teoria del self-perception

Ruolo dell’emozione nella persuasione

Analisi delle credenze del consumatore

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