Professionista dello sviluppo del potenziale umano

Autorealizzazione: la visione della persona come sistema energetico

Contributo del dott. Daniele Trevisani www.danieletrevisani.it – consulente e formatore aziendale, Counselor, Master of Arts in Mass Communication, University of Florida. Insignito dal governo USA del premio Fulbright per gli studi sulla comunicazione e potenziale umano.

Copyright Daniele Trevisani, estratto con modifiche originali dell’autore dal testo “Il Potenziale Umano” Franco Angeli editore

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Ricordarci chi siamo ogni tanto fa bene. O meglio. Va “sollecitato”. Altrimenti va nel dimenticatoio, e ci si dimentica, giorno dopo giorno, di fare un lavoro “sacro”. Sacro? Ma come? Cosa vuol dire? Beh, in qualche paragrafo cercherò di spiegare cosa intendo e che benefici derivano per sé e per gli altri dal cogliere la dimensione “sacra” del fatto stesso di lavorare nel fitness e nel wellness, o nello sport, nel coaching o nel counseling.

Il primo fatto è questo. Che lo vogliamo o meno, siamo operatori del Potenziale Umano. Ogni allenatore, istruttore, e in generale chi opera nel mondo, agisce a vari livelli con lo scopo consapevole o del tutto inconsapevole di alimentare le energie personali (fisiche e mentali) di un cliente/partecipante. Diventarne coscienti è un passaggio fondamentale.

L’importanza del lavoro sul corpo nell’autrealizzazione è fondamentale. Il corpo è la nostra casa, è dove abitiamo.

Ogni esperto di fitness, salute, allenatore o Direttore Tecnico si ispira – sapendolo o meno – ad un metodo o scuola di riferimento. Quello che diventa importante per ogni essere umano è capire come fuoriuscire dal metodo di provenienza, non considerarlo una gabbia ma un trampolino per la propria ricerca, e cercare un modello universale, la matrice che ispira il motivo stesso di lavorare e di vivere il corpo.

Possiamo immaginare l’uomo come articolazione di energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni. Noi siamo attivi nel fitness sia per una catena di eventi del tutto casuali, ma lo rimaniamo nel tempo e ne facciamo una professione voluta solo quando capiamo la sacralità che si nasconde dietro ogni piccolo gesto che vediamo compiere in una palestra, che sia aiutare qualcuno a far bene una distensione su panca, o vedere una persona entrare cupa e uscire felice e più serena dal nostro centro. Se un istruttore crede in quello che fa, si vede da kilometri di distanza. E i clienti lo sento, lo “percepiscono”. Respirano l’energia del centro fitness e ne escono carichi e motivati. O, al contrario, si annoiano e non torneranno più.

Il metodo che utilizzo per la formazione di trainer, allenatori, istruttori e Maestri di varie discipline, sia nel fitness che nelle arti marziali, individua sei specifiche “celle di lavoro”, sulle quali ciascun cliente, indipendente dalla sua condizione di partenza, può fare progressi, piccoli o grandi che siano. E, per ogni piccola conquista, si aprono nuovi orizzonti che ci invitano ad andare avanti, in una continua esplorazione di ciò che significa progredire e far progredire qualcuno, nel suo senso più profondo.

“Entrare” in queste sei celle ci permette di costruire progetti di crescita seri ed efficaci, siano essi la “liberazione” da ciò che ci frena, o l’aumento delle nostre risorse personali. Farlo per i clienti significa porsi come coach del loro potenziale, anziché vederli come semplici numeri da casellario.

L’amplificazione delle energie e abilità di un individuo o di un intero gruppo o team, può proiettarci verso nuovi traguardi, e nuovi modi di essere. Può far diventare il centro fitness un luogo sacro, inteso come luogo dove si persegue una forma di ricerca del proprio potenziale. Non sono davvero convinto che tutti gli operatori colgano questa forma di sacralità. E non cogliendola, non la trasmettono, né ai clienti, né alla reception. E diventano quindi freddi, distaccati, trattando il cliente appunto come un numero.

Non ci meravigliamo quindi se poi un cliente abbandona presto. Ognuno di noi ha avuto voglia di andarsene durante un’omelia o una messa quando ha iniziato a sentire noia. Perché non dovrebbe succedere lo stesso in palestra o in un centro fitness?

Dobbiamo quindi aiutare i clienti a prendere piena coscienza dei propri potenziali e lottare per raggiungerli. Questa è un’operazione che ha una propria sacralità, al di la del risultato numerico o professionale che ne può derivare.

Capire questo è essenziale oggi per fare del training serio, essere ricercatori o insegnanti degni di questo nome, ma anche nel coaching, nel focusing (focalizzazione dei fabbisogni di sviluppo di un praticante), nella consulenza, nei progetti di crescita personale, quando si esamina una persona o una squadra, intesa come complesso di energie circolanti, il suo lato umano, il suo spirito vitale.

Il metodo HPM raggruppa tutti i fattori evidenziati in un modello piramidale (energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni) e li considera aspetti allenabili, aumentabili, su cui si può agire. La ricerca di un modo diverso di fare fitness parte proprio dalla “sacralità” che ciascuno di noi percepisce nel fare il lavoro che fa, o nel vederlo invece come uno dei tanti possibili lavori.

A questo modello quindi ci apprestiamo a lavorare.  C’è chi crede che esista qualcosa di sacro e per il quale vale la pena battersi, e chi crede che tutto sia inutile. Il metodo si rivolge ai primi.

Ne esponiamo di seguito un’anteprima grafica, nella quale si evidenziano le sei specifiche aree di lavoro, ciascuna delle quali viene approfondita, ma sicuramente non esaurita.

Esaurire ogni singola area sarebbe una pretesa troppo grande, mentre aprirvi una discussione e offrire su ciascuna contributi, strumenti utili e operativi, è invece già possibile.

 Figura 1 – Esposizione grafica del modello HPM

Ciascun punto riguarda un lato specifico di un cliente, ad esempio

Potenziale umano e prestazioni umane sono due aree di studio diverse ma strettamente collegate, così come lo sono le fondamenta di un edificio e i suoi piani superiori.

Nessuno costruirebbe, con un minimo di buon senso, un grattacielo su fondamenta instabili. Il lavoro sul potenziale di un cliente è, come metafora, simile al lavoro di costruzione di fondamenta solide, mentre le performance ci restituiscono un senso di altezza, di quanto in alto possiamo spingerci.

Ognuno di noi sente il bisogno, prima o poi, di sviluppare il suo potenziale, ma anche di accedere a piani esistenziali superiori, ricercare, crescere.

È vero Maestro o vero istruttore o fitness trainer colui che sa dare voce a questo potenziale. In caso contrario, saremmo di fronte ad un puro “insegnante di tecniche”, non ad un “formatore” dell’individuo, nostro vero obiettivo.

Nessuno pratica fitness per gettare soldi in abbonamenti se non coglie un senso in ciò che fa, ma ha una motivazione psicologica (non annoiarsi, o una forma di riscatto personale, e mille altre possibili ragioni che formano l’universo motivazionale del cliente). Possiamo soffocare questa pulsione umana naturale a crescere, ma è come cercare di non respirare, prima o poi il bisogno viene fuori, ed è bene ascoltarlo.

Il modello HPM analizza l’essere umano come sistema energetico, una sinergia di forze (fisiche e mentali), la cui amplificazione può aumentare il grado di felicità, successo e potenzialità realizzativa.

Questo sistema complesso è composto da sottosistemi, che possono disporre di uno stato di carica variabile, e funzionare bene o male, con gradazioni intermedie di efficienza ed efficacia.

Per analizzare il potenziale globale della persona, non solo sul piano fisico o intellettuale, ma come essere umano nel suo complesso, abbiamo bisogno di localizzare quali sono i micro e macro-distretti su cui si può agire e come questi interagiscono tra di loro.

Dobbiamo anche saper muovere lo zoom di analisi dal micro al macro, dal particolare al generale, e viceversa.

Esponiamo di seguito una breve sintesi di quali sono i contenuti principali delle sei “celle” di lavoro:

Ognuno di questi stati o “celle” può avere un certo livello di “carica”, trovarsi “pieno”, “abbondante”, ben coltivato, ben esercitato, o essere invece “scarico”, deprivato, depotenziato, impoverito, o persino trascurato e maltrattato, denutrito, abbandonato.

Se sappiamo generare energie e alimentare energie di queste 6 celle avremo fatto al cliente o a noi stessi un dono incredibile, un dono che si collega all’aumento delle sue energie personali come risultato di cui essere fieri.

Copyright Daniele Trevisani, www.danieletrevisani.it estratto con modifiche originali dell’autore dal testo “Il Potenziale Umano” Franco Angeli editore.

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 Video di approfondimento, una visione particolare sul concetto di Autorealizzazione, Eckart Tolle

https://youtu.be/jP_veYfhx4M

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